Alessandra Rosabianca, psicologa psicoterapeuta

A. ROSABIANCA parla di
Come affrontare il momento della diagnosi

COME AFFRONTARE IL MOMENTO DELLA DIAGNOSI?

Quanti mesi, o forse anni, avete dovuto aspettare prima di avere una diagnosi?

Molti di voi, probabilmente, sono ancora in attesa.

Anni di fastidi, di dolori, di segnali cui non avete dato peso, o cui i medici non hanno dato peso.

Per qualcuno di voi l’esordio è stato acuto, per molti altri insidioso.

E poi quel giorno arriva. Quel fatidico momento in cui vi dicono che è psoriasi, artrite psoriasica, artrite reumatoide o qualche altra patologia reumatologica, autoimmune, infiammatoria ma soprattutto cronica.

Il momento della diagnosi può fissarsi nella memoria, cristallizzarsi nell’esperienza del singolo, dove il senso del tempo si perde e la mente inizia a vagare e a riempirsi di domande: oddio cosa vuol dire? E adesso come faccio? Che futuro mi aspetta? A chi lo posso dire? E se al lavoro lo scoprono? Si può sperimentare una sorta di distacco dalla realtà e la voce del medico sembra irreale e lontana; si è travolti da una serie di pensieri ed emozioni che ci allontanano dal presente. Oppure congeliamo i nostri vissuti, come se quella comunicazione non ci riguardasse, e abbiamo la sensazione che la cosa non ci stia toccando. Ma poi, magari, pensieri ed emozioni riemergono in altra forma, senza la nostra consapevolezza o padronanza.

Per qualcuno la diagnosi è invece una “liberazione”: dopo anni senza risposte, finalmente un nome che dà senso alla propria sofferenza e una possibilità di cura.

In ogni caso un momento di smarrimento è comprensibile, ed è lecito prendersi del tempo per elaborare quello che ci è stato detto. Un tempo che è soggettivo e che varia per ciascuno di noi e richiede un processo di adattamento. Un tempo che non scorre in maniera lineare, ma attraversa fasi differenti, nelle quali emergeranno emozioni, bisogni, riflessioni, dubbi.

Per questo vi suggerisco di cercare un canale di comunicazione con i vostri curanti, come può essere una e-mail, per i momenti di necessità.

Prendete nota di quello che via via vi succede e segnatevi le domande che sono rimaste senza risposta, per poterle condividere alla prossima visita, così da non dimenticare nulla. Una buona alleanza con l’equipe di sanitari che vi segue rappresenta sicuramente un fattore positivo nell’affrontare la malattia.

Non abbiate il timore di chiedere l’aiuto di un professionista che vi supporti anche da un punto di vista psicologico, vi sostenga nell’elaborazione della diagnosi, nella comprensione e gestione di eventuali vissuti ansioso-depressivi che possono insorgere, e che vi aiuti ad attivare risorse utili ai fini della gestione della patologia.

Può essere poi che il momento della diagnosi venga vissuto come uno spartiacque: c’è un prima e un dopo. Una specie di frattura nella continuità narrativa della nostra vita. Una “discontinuità biografica” con una conseguente “revisione” volta a integrare, nella propria identità e nell’immagine di sé, questo nuovo elemento.

Nel far questo ricordatevi che voi non siete la vostra malattia! Voi siete qualcosa di molto più complesso, articolato e sfaccettato di una diagnosi! Voi siete persone, individui unici e irripetibili, protagonisti della vostra vita e del vostro percorso di cura.