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La dottoressa senza una cura: la storia di Simona

Sono una ginecologa innamorata del suo lavoro. Sono una donna che soffre di Orticaria Cronica Spontanea. Da quando ero ragazza, dai tempi in cui studiavo all’Università, il mio sogno è stato curare le persone.

Non è stato facile, a ventitré anni, accettare che prima degli altri, avrei dovuto curare me stessa.

Quella mattina di tanti anni fa non la scorderò mai: mi ero svegliata con un prurito fortissimo e mai provato sul petto, sul collo e sulle braccia. Quando ho raggiunto le mie coinquiline, i loro occhi sbarrati mi lasciarono di sasso. Che cosa stavano guardando?

Guardavano me.

Sono corsa in bagno a specchiarmi, le labbra erano gonfie e arrossate, il collo, il torace e le braccia erano ricoperti di macchie rosse.

Quello che stava succedendo al mio corpo mi spaventava, ma allo stesso tempo lo vivevo come una sfida e una prova per mettere in campo le conoscenze scientifiche che stavo imparando.

Dopo quasi due mesi di controlli specialistici, furono proprio le parole del dermatologo a sigillare ogni dubbio: “È Orticaria Cronica Spontanea”.

Cronica: significava che i sintomi duravano più di 6 settimane e che potevano andare e venire all’improvviso.

Spontanea: significava che non c’erano degli stimoli specifici che li causavano e che potevano insorgere senza preavviso.

Da quel giorno la mia vita è stata condizionata dalla mia pelle. Quanta ansia di veder comparire i pomfi prima di occasioni importanti! A volte mi è andata bene, altre volte no.

Con gli antistaminici potevo solo alleviare la malattia, con risultati variabili e senza mai riuscire a farla regredire completamente. Ogni tanto poi, per poter avere un minimo risultato, dovevo assumerne grandi quantità, che mi causavano molta sonnolenza fino quasi ad avere la sensazione di essere sedata. Lo stesso valeva per i cortisonici: potevo ottenere qualche beneficio momentaneo, ma con l’uso prolungato andavo incontro a pesanti effetti collaterali rischiosi per la mia salute generale.

È stato difficile conciliare questi effetti con il mio lavoro.

Talvolta poi, capitava che sentissi bruciare la pelle sotto il camice e il dolore che avvertivo non era solo nel corpo.

La cosa che più mi faceva male era spaventare le mie pazienti in gravidanza. Capivo che per molte di loro non fosse facile affidarsi a una dottoressa con delle brutte macchie sulla pelle, con il timore che fossero contagiose nonostante le mie tante rassicurazioni. Qualche volta mi facevo affiancare o addirittura sostituire da un collega, provando davvero un grande sconforto, ma non ho mai smesso di sperare.

I dermatologi del piano sotto al mio reparto sanno bene quanto li abbia assillati con domande sulle diverse opportunità per trattare la mia malattia.

Per fortuna, le loro risposte non tardarono ad arrivare ed iniziai un nuovo percorso piena di speranze. Finalmente potevo utilizzare un farmaco biologico per trattare l’Orticaria Cronica Spontanea.

Due iniezioni al mese per i primi sei, ma già dopo il primo dosaggio i pomfi erano quasi spariti e io mi sentivo rinascere. Il punteggio dell’attività della malattia (UAS7) subito dopo l’inizio del trattamento fu pari a zero, e continua ad esserlo oggi, a distanza di un anno.

Perché se da una parte è vero che l’orticaria cronica spontanea è imprevedibile ed è una malattia che dà i numeri, dall’altra è proprio attraverso i numeri che la si può misurare. E conoscere meglio la mia condizione mi ha aiutato a non averne più paura

Con il questionario UAS7, una breve sigla che sta per “Weekly Urticaria Activity Score”, attribuisco dei punteggi che vanno da 0 a 3 ai miei pomfi, al mio prurito, e li inserisco in un diario settimanale.

In questo modo, ottengo un numero finale che non solo mi indica in maniera precisa l’intensità dei miei sintomi e mi permette di tenere davvero monitorata l’attività della mia malattia e l’efficacia delle terapie che sto assumendo.

Tornare dalle mie pazienti senza intimorirle mi ha riempito di felicità e mi ha regalato nuove energie. Potermi prendere cura di loro e svolgere a pieno la mia professione è stato il mio successo più grande.

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